top of page

       STUDIO e NOTE.

 

     “Scinni notti…”. Con questa invocazione all'obblio, come in un lampo improvviso di luce e coscienza su degli occhi da troppi anni spenti, Malerba, vecchio e quasi cieco, chiude la vicenda che lo aveva visto protagonista e testimone quale epigono di una storia ben più grande di lui, la storia della gna Pina, la Lupa.

     Malerba, in questo lavoro, è la coscienza o l’alter ego, di una gna Pina sopravvissuta a se stessa, quale lupa ammansita, ma mai doma, che alle leggi dell’impeto e dell’istinto travolgente, sostituisce quelle del ragionamento e della motivazione. L’operazione che si è fatta, con modestia pari alla convinzione, sul testo di Verga, consiste proprio nell’aver alterato, in espansione, con operazioni anche minime a volte, episodi, personalità e psicologia di alcuni personaggi-chiave della vicenda. In primis la figura di Nanni Lasca. Oggetto del prepotente e primitivo desiderio della gna Pina, Nanni vive nella storia verghiana, nella doppia accezione di novella e di testo teatrale, una parabola alquanto emblematica, passando da una iniziale attrazione nei confronti di questa donna-lupa ad una sostanziale repulsione che lo porteranno al gesto estremo di ristabilire, con l’omicidio, l’ordine sociale che in quel rapporto si era capovolto, restaurando “l’ordine del patriarcato” (Spinazzola). Nanni è dunque “oggetto” del desiderio altrui ed in quanto tale reagisce agli attacchi o maliziosamente ignorandoli o ingenuamente considerandoli come lusinghe che ne esaltano la sottile autostima di cui si pervade. Sembra non aver precisa cognizione di quanto gli stia capitando e di che pericoli stia correndo. E quando invece cognizione ne avrà ecco che la sua “ultima resistenza si spegne nel desiderio passivo di essere posseduto” (Budriesi).

     In ”SUL’AMURI”, Nanni è ancora tutto questo, ma anche altro. - Datemi a vostra figlia, che è carne tenera! -. E’ una battuta chiave dalla cui interpretazione deriva la costruzione psicologica del nostro. Con questa richiesta Nanni fa esplodere un potente ordigno tra le mani della gna Pina che ne ha immediata coscienza:  -  “Anche questo mi fate adesso, mettete il coltello in mano a mia figlia…” - .  E questo Nanni può averlo fatto o nel calcolato disegno di liberarsi della madre prendendosi la figlia, e ciò che lei ai suoi verghiani occhi rappresentava in termini di “roba”, o, in termini morali, la possibilità di allontanare da sé la minaccia di un congiungimento che gli doveva apparire controproducente nonostante forte sentisse gli impulsi erotici provenire dalla gna Pina. Raggiungendo in un colpo due scopi: la “roba” e la serenità per un possibile fastidioso rapporto stroncato sul nascere. Nanni però non ha fatto i conti con l’illogicità dell’agire istintivo della gna Pina, in questo perfettamente lupa. In “SUL’AMURI”, Nanni Lasca non è solo oggetto, ma anche soggetto perfettamente conscio e smaliziato, per quanto ingenuo sotto finale, del suo agire contraddittorio. Egli avrebbe potuto benissimo avere un fugace rapporto carnale con la Lupa, così come tanti: – “Mi getterete via poi, quando non mi vorrete più…” -, arriva a dirgli la Lupa, ma il suo iniziale rifiuto: - “Non può essere gna Pina, non può essere! Un povero diavolo sono io…”, – dovuto a ritrosie d’ordine personale e sociale:  - “Gliela dareste vostra figlia a uno che si fosse messo in  questo imbroglio con una come a    voi? “ -, si fa immediatamente calcolo nella richiesta che subito dopo le fa di dargli in moglie la figlia, tanto da far sgretolare quella visione di un Nanni Lasca agnellino tra le fauci di una lupa famelica. – “Mi chiamano la lupa è vero, ma il lupo vero siete voi che ci avete il marmo, il marmo ci avete al posto del cuore…” -. In fondo la gna Pina voleva solo amore e lui poteva o darglielo così come lei lo voleva o rifiutarsi una volta e per sempre. Invece Nanni va oltre, più maledetto in questo della maledetta, “mette il coltello nelle mani della figlia”, ma in realtà conficcandolo già da quel momento tra le costole della gna Pina. Vittima del suo stesso disegno in “SUL’AMURI”, Nanni cadrà nell’iperprogetto della lupa, la quale, e qui una delle differenze col testo verghiano, alla fine, conscia che Nanni non la ucciderà mai, lo “fotte” uccidendosi stringendo le sue mani su quelle di Nanni che le infilzano il coltello all’altezza del cuore. Vi è infine, nell’agire calcolatore di Nanni, anche una componente sentimentale legata al fatto che egli subisce fortemente il fascino di una donna della quale più che esser vittima designata ne diviene amante consenziente anche se combattuto.

    E’ chiaro che in questo excursus sulla personalità del personaggio Nanni, trova spiegazione, di riflesso, anche la controversa figura della gna Pina e ancora, e soprattutto, la natura di quel sentimento istintivo che da irrazionale, unendoli, diverrà fatale. La gna Pina detta la Lupa è chiaramente il motore dell’azione letteraria e scenica:

     “E’ la tentazione del demonio che assedia lo spazio sacro negli istituti della fede e del focolare domestico. In lei prende corpo il mito della mantide religiosa, che ammazza il maschio dopo l’amplesso, o l’archetipo della femminilità divoratrice, che dona all’uomo l’esistenza per poi riprendersela, riducendolo all’impotenza” . (Budriesi)

      “E’ una cagnaccia domestica mutatasi in lupa solitaria sotto lo stimolo della fame”. (Spinazzola)

      “La lupa antepone il principio naturale del piacere alle patriarcali leggi del dovere”. (Marchese)

    “La gna Pina accentua il ruolo di tentatrice, arsa come da una febbre interiore, perduta per sempre dietro il giovane Nanni quasi da suscitar pietà”. (Greco Lanza)

      Da quest’ultima considerazione si è partiti nel costruire la Lupa in “SUL’AMURI” : la pietà che ella suscita che non è pena si badi bene. La gna Pina voleva solo amore, certo pur di ottenerlo calpesta regole sociali e convenzioni, ma mai di sua volontà avrebbe tirato in ballo la figlia. Lo fa cedendo al sottinteso, per lei, ricatto di Nanni e con la morte nel cuore. Conscia che quella scelta avrebbe consegnato Eros a Thanatos, legandoli indissolubilmente.

     “La naturalità contro natura appare esaltata dal prevalere della pulsione erotica sull’istinto materno e la relazione della gna Pina e Nanni assume carattere incestuoso in ragione del concetto materno che la lupa assume proprio quando fa sua la virilità del genero divenuto amante e la sua maniera d’amare è anteriore ad ogni principio della coscienza morale e sociale”. (Spinazzola) Ed è proprio in questo concetto lo snodo narrativo della vicenda: il passaggio vero della gna Pina in Lupa sta nel doloroso ma inesorabile sovrapporsi della pulsione erotica sull’istinto materno: - “Stai zitto Nanni Lasca, zitto! Non te la do a mia figlia per niente! Non si torna più indietro ora!” -. Questo baratto che rende innaturale ciò che invece lo sarebbe e la gna Pina, divenuta lupa, ha immediata coscienza di ciò: - “Ma lo capite quello che mi avete fatto fare? …Mi avete messo il coltello in mano voi stesso e poi mi avete detto: tenete… ora strappatevi cuore voi stessa…” -. In “SUL’AMURIsi mette in risalto la debolezza di una donna forte nel sovvertire il suo ruolo sociale ed istituzionale nella Sicilia del tempo, ma debole di fronte alla carne – ma non è forse proprio la “carne” l’arma che utilizza per sovvertire quell’ordine? -, e la morte che alla fine suggella la sua storia è morte eroica e diabolica allo stesso tempo. Uccidendosi, tramite le mani di Nanni, la Lupa si trascina all’inferno il suo stesso amante che così crudelmente l’aveva, ai suoi occhi, costretta nel ruolo della madre snaturata. Tante eroine, in letteratura o, ancor di più, nel melodramma – Norma, Carmen – si sono uccise o sono state uccise per amore, ma nessuna, come la Lupa, ha costretto l’artefice del proprio infausto destino, al pesante ruolo di assassino: entrambi vittime del proprio esistere e morire.

     In “SUL’AMURI” la coscienza lucida e consapevole di tutto ciò è Malerba. Personaggio-maschera negli scritti verghiani, qui Malerba ha l’importante ruolo del cantastorie, di colui cioè che essendo stato testimone e co-protagonista dei fatti, passata la tempesta, li racconta acquisendone, proprio mentre li racconta, aspetti e circostanze che in un primo momento gli erano sfuggiti.

      “SUL’AMURI” è stato scritto secondo la tecnica del flashback. L’azione muove molti anni dopo la tragica morte della gna Pina. Malerba è vecchio, cieco e malandato, non ha voluto lasciare in alcun modo il borgo che un tempo era stato quello della gna Pina, all’interno della sua povera e spoglia dimora, oramai fredda, solo la voce del vento e il crepitio delle fiammelle, sembrano far riemergere i fantasmi del passato. Assistito dalla gna Filomena, apprende, all’inizio del film, della morte del suo antagonista di sempre, Nanni Lasca. La notizia mette in moto in Malerba quei meccanismi della memoria che solo apparentemente sembravano essersi come gelati nell’attimo della morte della Lupa, ma che invece covavano in attesa di esplodere al momento opportuno. Il tutto poi alla luce, altro elemento di novità rispetto al testo verista, del profondissimo sentimento che Malerba nutriva nei confronti della gna Pina quand’ella era ancora in vita e che la morte, violenta, gli aveva lasciato in corpo nella sua straordinaria ed intatta potenza.

     -  “Nanni Lasca non vi vuole, ma com’è che non lo capite? Non vi vuole, siete selvaggia per lui che è agnellino tenero e voi siete malacarne come a me! …Ma che pensate che io non lo so che vuole dire volere bene ad una persona. Desiderarla ogni minuto della giornata e sfinirsi la mente a ripetere il suo nome: gna Pina, gna Pina, gna Pina, gna Pina, gna Pina…” -.

     Nel racconto incrociato di Malerba, della gna Filomena e di Cardillo, l’aia si ripopola degli umori e dei personaggi di un tempo, rivivendo gli episodi nella dolorosa tragicità di chi sa già come andò a finire. Malerba, spregevole nei modi, semialcolizzato, sgradevole alla vista e all’olfatto, è però in grado di amare, di amor forte e tragicamente lucido, colei che in vita lo trattava con un disprezzo profondo limato solo da brevi attimi di attenzioni vere. La morte di Nanni Lasca riconsegna a Malerba vecchio la sua amata Lupa, una riconquista ideale di ciò che in vita gli era stato negato e la definitiva accettazione di quanto avvenuto, ora che il destino aveva fatto finalmente giustizia.

   Malerba, la gna Pina e Nanni, più che a dar vita, per dirla in termini geometrici, ad un triangolo, rappresentano tre distinti punti di una medesima retta, destinati a non incontrarsi mai, neanche nel sacrificio estremo. Malerba e la gna Pina hanno in comune l’impossibilità a veder realizzato il loro sogno d’amore e in questa comunanza Malerba assurge al ruolo di alter ego della stessa persona amata senza speranza. Malerba si rivolge alla Lupa, così come lei avrebbe voluto fare nei confronti di Nanni. Dice ciò che lei non disse mai ma che forse pensò.

     “La tecnica narrativa del Verga, ammette un narratore popolare, anonimo e nascosto, che si rivolge per allusioni e presupposizioni a un uditorio della stessa estrazione sociale. Narratore che appare come una specie di testimone assente alla dieresi, ma compartecipe della vicenda”.  (Marchese)

      In “SUL’AMURI” questo narratore c’è e non è anonimo e la sua testimonianza è ben presente: Malerba è l’anima dolce, sottaciuta e conscia, della gna Pina detta la Lupa.

 

      LA LINGUA.

     Ci si è posti, come tutti coloro che sino ad oggi si sono imbattuti con il testo di Verga, il problema della lingua. Ci si può trovare d’accordo col Marzot quando sostiene la “fondamentale falsità dello stile verghiano” in quanto ciò che è stata ritenuta primitività dialettale altro non è che la forma di un, ancora col Marzot, “estetismo nuovo, ma più subdolo. Un’arcadia tragica, rude e malinconica”.

     Per “SUL’AMURI” l’insidia era doppia, bisognava infatti far convivere le parti nuove con quelle verghiane e farne un unicum amalgamato ed equilibrato. Per far ciò si è allora trasportato il tutto sul piano di una falsa lingua italiana a forte cadenza siciliana derivata da una oramai radicata tradizione di “siciliano cinematografico” sospeso tra un italiano sporco e le tipologie dialettali agrigentino-palermitane, col risultato d’aver ottenuto un ibrido poco riscontrabile nella realtà ma assai adatto, a nostro avviso, alla metrica e ai tempi recitativi con un altro non secondario risultato, quello di aver ottenuto un testo comprensibile in ogni parte della nazione.  

     Unica eccezione i testi dei brani cantati e quasi tutti gli assolo di Malerba vecchio. Solo per questi brevi ma intensi brani poetici, si è ritenuto opportuno mantenere la lingua e il dialetto stretto ad indicare la matrice culturale d’origine convinti come si è che alle esigenze della comunicazione immediata si associano, con altrettanta prepotenza, le ragioni della salvaguardia di un idioma fortemente insidiato dai mezzi di comunicazione di massa e che un’omologazione galoppante rischia di far scomparire.

 

      MUSICA, MELODRAMMA e REGIA

     Tramite il De Roberto, s’apprende che Verga era giunto ad un accordo di massima per trasformare “La Lupa” in un libretto d’opera di cui Puccini avrebbe dovuto realizzare le partiture musicali. Tale accordo, per motivi vari, non fu rispettato così “La Lupa” restò il testo letterario e teatrale che tutti conosciamo.

     Ma a legger bene tra le righe, il testo verghiano ha in sé quella teatralità tipica del melodramma a forti tinte. Del resto l’interesse per il melodramma di Verga è noto visto il felice esito che aveva avuto “Cavalleria Rusticana” musicata da Mascagni. Così come, e questo e già stato sottolineato, sono evidenti certi parallelismi tra la gna Pina e la Norma che il librettista Felice Romani creò per l’indimenticabile musica di Vincenzo Bellini o con la Carmen di Bizet.

     C’è dunque nell’opera di Verga una musicalità del resto mai sottaciuta: “Nella trasposizione teatrale non è da trascurare l’attenzione alla funzione coreografica e musicale che viene aggiunta rispetto al testo narrativo, che Verga attinge ai proverbi, alle stornellate della più genuina tradizione letteraria del folklore, ricavata dall’opera monumentale del Pitrè, dai testi del Vico e dall’amico Capuana” (Greco Lanza).

      In “SUL’AMURI” la musica è elemento irrinunciabile. Non svolge mai una funzione meramente didascalica nei confronti dei dialoghi. Si è del resto, sin dal primo momento, pensato ad un allestimento melodrammatico, certo non in senso lirico, ma popolare e contadino, nel quale la musica vivesse di vita propria scontrandosi ed interagendo con le vicende narrate.

     Il gusto per il melodramma è evidentemente espresso. Lo si evince dalla platealità di certe azioni drammaturgicamente rese, dal gusto e dalla ricerca del “coup de theatre” sottolineato ed enfatizzato da brevi stacchi musicali così come solo il melodramma consente.

    Vi sono anche brani cantati che hanno in questa sede la valenza di veri e propri spezzoni di testo che invece d’essere recitati sono cantati nella maniera dei recitativi o delle arie operistiche. Precisa volontà di far in modo che il testo e la musica si fondano ad evitare che la seconda, in certi particolari momenti, si riduca a commento del primo, ma un tutt’uno nel procedere narrativo.

   Nel secondo tempo, ambientato in un triste giorno di festa quale il venerdì santo, i temi per tromba e gli antichi Lamenti della processione del Cristo morto e dell’Addolorata si fonderanno col drammatico epilogo della vicenda della Lupa. Estrema, sottile, blasfema similitudine tra la morte del Giusto per antonomasia e la morte ingiusta di chi voleva semplicemente vivere un amore reso proibito da altri. Straordinario autore delle musiche è Accursio Cortese. In SUL’AMURI le musiche attraversano il film secondo i due livelli canonici del cinema: livello interno e livello esterno. Sul livello esterno si è già detto a proposito delle musiche originali, per qualche riguarda il livello interno si è andati alla ricerca e alla rielaborazione di brani della più nobile tradizione siciliana popolare e bandistica. 

     La storia raccontata in “SUL’AMURI” è alla fine scarna, persino sobria. Si è lavorato tantissimo per ottenere l’essenziale: una recitazione asciutta, semplicità nei movimenti, cercata immediatezza del messaggio. Certo il film risente della sua origine teatrale, ma si parte dal convincimento che si possa far Cinema anche così e  per quel che riguarda la regia si confessa apertamente che c’è la precisa volontà di fare un lavoro tragico, senza camuffamenti, dove il tragico fosse esaltato dal melodrammatico, così da poterne spremere tutto il popolare, nel senso più nobile del termine, di cui è capace.

​

      LE LOCATIONS e LA FOTOGRAFIA

   I “luoghi” verghiani hanno sempre una valenza simbolica. “Ne La Lupa Verga rinunzia alla precisione toponomastica abituale nelle sue pagine; le fattorie e gli edifizi del paese non hanno alcuna presenza accertabile. Il confronto tra uomo e donna si riduce così a nudità assoluta” (Spinazzola) La storia è situata in un’aia contadina dove le povere case e le povere cose dei “giornatari” contribuiscono a quel quadro di primitività sociale sul quale ben si installano, in analogia e contrasto, la figura della gna Pina e le tragiche vicende di cui sarà protagonista.

    In “SUL’AMURI” la storia assume, analogia e contrasto, forme e rimandi che la luce e i suoi gradi di intensità riescono a darle. Le locations sono state scelte, lontano dalla nero lavico del catanese e restituiscono, negli esterni, l’intensità selvaggia dei colori forti e vivi di una natura graffiante e intensa cui si contrappone, negli interni del presente narrativo soprattutto, l’antro cavernoso e sofferto entro il quale Malerba racconta e Nanni Lasca muore.

 

     I REALI LUOGHI DEL FILM

     La splendida torre-palazzo Gibillina, il Castelluccio Svevo di Racalmuto (AG)

http://archivioepensamenti.blogspot.it/2015/05/il-castelluccio-occhiuto-e-visibile.html

 

     La sontuosa Petra di Calathansuderj in territorio di Comitini (AG).

http://www.consorziodeitempli.ag.it/petra-di-calathansuderj.html

 

    Il suggestivo Eremo di Santa Rosalia a Santo Stefano di Quisquina (AG) immerso nella secolare boscaglia e il suo incantevole alternarsi di monti e vallate.  http://www.quisquina.com/news.php

​

    La struggente Necropoli Sicana in contrada Scintilia, territorio di Favara (AG) 

https://www.academia.edu/11372225/Storie_Sepolte._Riti_culti_e_vita_quotidiana_allalba_del_IV_millennio_a.C._La_necropoli_di_contrada_Scintilia_di_Favara_Agrigento

​

    La splendida fontana lavatoio del Raffo a Racalmuto (AG).  

http://www.comune.racalmuto.ag.it/wp-content/uploads/2015/04/2-10-fontanana-del-raffo1.pdf

​

    L’incantevole riserva naturale orientata Monte Cammarata interessa i comuni di Cammarata, San Giovanni Gemini e Santo Stefano di Quisquina (AG)

http://livingagrigento.it/it_IT/Natura/main/natura?strutt_id=1285_R.N.O.-Monte-Cammarata---92022-Cammarata__R.N.O.-Monte-Cammarata

​

    La bellissima Masseria in contrada Mandrascava (AG).

​

    Abbeveratoio in contrada Mannira a Grotte (AG)

​

bottom of page